sabato 26 luglio 2008
Rocca San Felice... In attesa delle feste medievali
Complimenti agli autori
feste medievali
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forum alle feste medioevali rocca san felice
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Rocca San Felice - Piccola Grande Italia 21
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capodanno del forum dei giovani rocca san felice
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grotta va a rocca san felice
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La "decapitazione " di Lello
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grotta va alle mefite e che tanfa
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Zio d'America Al Qaeda
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festa medievale
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FESTE MEDIOEVALI
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PATERNESI AL MEDIOEVO ALLA ROCCA
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Mefite di Rocca S. Felice
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Gatti Arrapati
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FUOCHI SAN FELICE
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grotta va a rocca san felice
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Funny video san felice skate
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venerdì 18 luglio 2008
LAI MEFITE E IL MUSEO iRPINO

Xoanon ligneo di Mefite

Ercole astante, Museo Irpino


Il culto della
dea Mefite
La valle dell’Ansanto,
che ha il suo centro
nel lago della Mefite,
conserva gli echi
di una terra sacra
per gli antichi.
I fenomeni legati al
vulcanismo - soffioni
e polle di fango
bollenti - impaurivano
le popolazioni locali
che venivano qui a
ingraziarsi la dea
Mefite per esorcizzare
il pericoloso lago
sulfureo, considerato
terra degli inferi.
Nella
valle, dove sorgeva un
santuario dedicato alla
dea, sono state
ritrovate piccole
sculture in legno
databili tra il VI e il V
secolo a.C., che
ritraevano le divinità.
I reperti sono ora
custoditi ad Avellino,
nel Museo Provinciale
Irpino.
martedì 15 luglio 2008
I rocchesi nel mondo un ponte di amicizia
ROCCHESI NEL MONDO
Rocca San Felice, il castello medievale...
ROCCHESI NEL MONDO
la LETTERA:
Oggetto: Chiamata alla data di Rocca San Felice: Sole, 15 feb. 1998 13:15: 26 EST da: FrankAble@aol.com sono un americano ed ho visitato la vostra zona aprile scorso. Il mio nome è Louis franco Petrosino e il figlio di Louis franco Petrosino. Il suo padre era Salvatore Pasquale Petrosino e la sua moglie era Mary Cappiella. Hanno vissuto a #13 via Constantinopoli in Rocca San Felice. Il suo padre era Luigi Michele Petrosino e la sua madre era Clementina Gannella e wrre si sono sposati il 4 marzo 1889. Salvatore Pasquale immigrated negli Stati Uniti ed ha cambiato il suo nome a Sullivan franco Petrosino. Quando ho visitato questa città fine, la gente era calda e molto aperta. Ho osservato in su le informazioni sulla mia famiglia e bruscamente sono stato arrestato. Più successivamente dovevo ricevere una lettera dal Signora Gentile, che ha spiegato che era sorella del mio padre ed ha quattro bambini. Ancora sta vivendo in Rocca San Felice ed ha desiderato rimanere in contatto. Faccio pure ma purtroppo il mio italiano è limitato al parlare ed alla lettura. È ci un senso che potete aiutarli con questa situazione. Ho provato a osservare attraverso il Internet per trovare altri mezzi ma a nessun successo. Il villaggio era breathtaking benchè la mia chiamata fosse Pasqua eccessiva e la neve venisse e risultasse essere molto fredda. Ho visitato il fortress e unfortuneately la chiesa era chiusa. Il Signor Felice, il capitano della polizia e della sua moglie, era abbastanza gentile comprarsi ed il mio altro collega americano un la tazza di espresso. Il vostro aiuto notevolmente sarebbe apprezzato ed immagini della mia famiglia come pure un albero di famiglia dettagliato sarebbe fantastico. La maggior parte delle vite della famiglia di Petrosino nel upstate New York in una zona hanno denominato i laghi finger. È una zona che ha cinque laghi a forma di come la vostra mano che è da dove il nome è derivato. Hanno migrato in una città denominata Clyde New York. Il mio zio grande Fred Petrosino ha vissuto per avere 101 anno ed il mio padre è morto all'età su 57 di 1968. I fratelli erano Albert, Louis, firma di franchigia e Michael. Grazie per il vostri aiuto e cooperazione. Progetto sulla visita della zona ancora durante l'anno prossimo per individuare i parenti e per essere benedetto ancora con il congeniality della vostra regione. Il mio indirizzo è telefono del sud de Newark NY 14513 S.U.A. del viale del L. Petrosino 149 franchi è 315 331 8877 che il email è FrankAble@aol.com o per lavoro che è fpetrosino@Parker.com francamente, franca Petrosino.
Beloved Mrs. Franca,I have read with commotion your email, hope of being able to you to please, while give the opportunity to you ofto have news on your country born them.Soon and salutes to the rocchesi of the America.Giovanni Orsogna
Cara Signora Franca,
ho letto con commozione la tua e-mail, spero di poterti accontentare, intanto ti do l'opportunità di
avere notizie sul tuo paese natale.
A presto e saluti ai rocchesi dell'America.
Giovanni Orsogna
mercoledì 9 luglio 2008
ROCCA SAN FELICE. Festa di S. Felicita e Figli
Felicita, discende da una delle più antiche famiglie patrizie di Roma, probabilmente della GENS CLAUDIA, visse nella Roma imperiale durante la prima metà del II secolo. Erano trascorsi circa cento anni dalla nascita di Cristo e, grazie alla predicazione degli Apostoli Pietro e Paolo, il Cristianesimo era andato diffondendosi sempre di più, non solo fra i diseredati e gli umili ma anche tra le famiglie patrizie, proprio a causa dei saldi su cui si basava la nuova religione.
Certo erano momenti in cui l'appartenere alle teorie del Divino Maestro significava andare incontro a rinunce eroiche e persecuzioni tremende da parte dello Stato che credeva essere il Cristianesimo la causa dei mali e delle calamità dell'Impero Romano. Non conosciamo il nome dell'uomo a cui Felicita si era unito in matrimonio ma sappiamo con certezza che da lui ebbe la gioia di diventare madre per ben sette volte, prima di rimanere giovane vedova.
La sua attività casalinga di madre premurosa e i pesanti impegni domestici non le vietarono le sue attenzioni agli insegnamenti di quella nuova setta di origine orientale, chiamata Cristianesimo, alla quale si convertì con tutta la famiglia. In questo momento storico, a Roma, è in atto già da anni una penetrazione cristiana capillare nelle varie classi sociali: proletari, schiavi, banchieri, negozianti, piccoli borghesi, artisti e artigiani costituivano nel II secolo il tessuto della Chiesa nascente, come ricorda la "Tradizione Apostolica" di Ippolito nel menzionare i mestieri e le professioni di coloro che accendevano all'istruzione catecumenale per il sacramento battesimale.
Nel cuore dell’Irpinia, presso la Valle di Ansanto, un tempo sede di diffusione del culto di Mefite-Aravina (VII-II sec. a. C.), sorse nei primi secoli dell’era cristiana il culto alla Madre dei Sette Figli, Felicita, una nobile matrona romana. La felice intuizione della sostituzione di Mefite, antica madre osca, venerata dai popoli dell’Italia antica, con la madre eroica cristiana, non produsse sconvolgimenti nelle tradizioni locali, anzi fu il volano delle conversioni alla nuova fede del Gesu’ di Nazaret.
Propagine dell’antica diocesi di Aeclanum, dove nella città fu scoperta la celebre ara di Mefite con iscrizione osca, fu nota ai letterati e scrittori del tempo. Una piccola chiesa rurale fu costruita sul pianoro di S. Felicita, dove sorgeva un piccolo pagus con ville rustiche. La tradizione vuole che sia stato S. Felice da Nola a sostituire il culto pagano con quello cristiano.
Da oltre un millennio la devozione alla santa martire romana e figli ha unito i cristiani pellegrini, che hanno sostato ai piedi dell’altare. Ai cristiani del terzo millennio la testimonianza dei martiri, che hanno effuso il sangue per amore di Cristo crocifisso e risorto è sempre attuale ed è sprono per la rinascita e all’impegno della nuova evangelizzazione.
Nel caldo mese del solleone, dall’Irpinia, e Puglia, pellegrini si riversano a venerare Santa Felicita e ricordano il martirio dei Figli, con una festa liturgica e civile. Un tempo era famosa anche la fiera accorsata.
Un dignitoso santuario accoglie i pellegrini, in stile neoclassico, all’interno si possono venerare le statue lignee di Felicita, secc: XVI-XVIII, due stupendi quadri del martirio dei figli, un bell’antiquarium documenta le vicende storiche ed artistiche del pagus romano e gli ex- voto che testimoniano la fede popolare.
Ai pellegrini, quest’anno viene offerto anche la ristampa del libro di P. Zaccaria Santoli, edito dal santuario, una delle prime biografie che conservano la loro attualità. Il testo è stato desiderato e realizzato dal parroco P. Luigi Martella, con la collaborazione della trascrizione della Prof. Virginia Galante.
La festa si svolge sempre nei giorni 8-9 e 10 luglio, dove i turisti possono gustare i prodotti genuini e le tipicità culinarie locali, celebre il formaggio di Carmasciano e l’angello arrostito che in quest’area per il tiupo di cucina e l’aria di Mefite è di un gusto veramente speciale.
Invito gli Irpini e i forestieri a non mancare all’appuntamento dove fede, cultura e natura e la consueta ospitalità dei rocchesi assicurerà un soggiorno piacevole.
Da non dimenticare la visita alla Valle di Ansanto e alla Mefite, il bosco decantato da Virgilio e il borgo medievale.
Giovanni Orsogna
Disegno ottocentesco di G. Mariani dell’affresco perduto dell’oratorio cristiano del Colle Oppio, pubblicata anche dal nostro P. Santoli nel suo volumetto di storia di S. Felicita
La prima accusa alla cristiana Felicita, vedova e madre di sette figli (come Sinforosa di Tivoli), è mossa dalle autorità sacerdotali pagane. Può sembrare strano che l’abbia accolta un imperatore come Marco Aurelio, che aderiva alla filosofia stoica, non senza una venatura di scetticismo per tutte le fedi religiose, ma l’accusa dei pontefici toccava un tasto molto delicato: «Contro la vostra salute questa vedova con i suoi figli insulta i nostri dèi!»[1]. Sul culto dell’imperatore si scontravano Roma e il cristianesimo e, fin dai tempi di Plinio e Traiano, l’atto di adorazione al sovrano era la condizione indispensabile perché un cristiano venisse prosciolto da un’accusa. Inoltre l’impero di Marco Aurelio fu turbato da guerre, pestilenze e altre calamità che, per i sacerdoti e la folla pagana, erano causati dalla collera degli dèi: l’ostilità dei cristiani al culto tradizionale doveva quindi essere punita. Felicita e i figli erano di famiglia nobile, tanto che a uno dei giovani il prefetto Publio, il quale dirige il processo, promette di farlo diventare «amico degli Augusti»[2]. La condanna imperiale a morire sotto diversi giudici (e quindi con diversi supplizi) mirava forse a dare un esempio agli abitanti dei vari quartieri di Roma.
Alcuni studiosi hanno messo in dubbio l’autenticità degli atti, considerando il racconto un’imitazione di quello dei sette fratelli Maccabei (II libro dei Maccabei 1,1-41)[3], ma un documento scritto del IV secolo relativo alla loro sepoltura e alcuni ritrovamenti archeologici sembrano confermarne l’autenticità. In una omelia, pronunciata nella basilica di santa Felicita, San Gregorio il Dialogo, papa di Roma, fa riferimento ad un antico documento, le “Gesta emendatoria”, contenente la storia dei nostri martiri, e li ricorda in un suo commento all’Evangelo di Matteo (12, 47).
La Chiesa Ortodossa li onora il 25 gennaio. Nella Chiesa di Roma Antica, nel IV secolo, la loro festa veniva celebrata, con molta solennità e grande partecipazione dei fedeli, il 10 luglio[4], chiamato dalla gente “dies martyrum”.
Testo della Passio
[1] Martirio di santa Felicita, c. I.
[2] Martirio di santa Felicita, c. III.
[3] Oltre al contegno eroico dei giovani e della loro madre, un importante elemento di affinità tra il presente racconto e quello biblico è il frequente accenno alla vita che attende l’anima dopo la morte. La fiducia nell’immortalità è un dato acquisito dalla fede cristiana, ma nella storia del popolo ebraico non lo era stato fin dalle origini ed aveva cominciato ad assumere consistenza proprio all’epoca dei Maccabei.
[4] Così la Depositio Martyrum. Il martirologio geronimiano ricorda Felicita il 23 novembre e i figli in date diverse.
[5] Un affresco (V-VI sec) scoperto dal De Rossi al Colle Oppio alla fine del 1800, presso un antico oratorio ritenuto la casa o il carcere dei martiri, riproduceva la santa (Felicitas Cultrix Romanarum) circondata dai figli, mentre il Salvatore le regge la corona sul capo dall’alto; non si sa però se esso derivi dagli atti del martirio o da un documento posteriore.
[6] Publio Salvio Giuliano, successo a Urbico nel 162, giureconsulto che resse la prefettura di Roma a cavallo tra l’impero di Antonino Pio (138-161) nel 161 e quello di M. Aurelio e L. Vero nel 161-162.
[7] Per i cristiani antichi gli dèi pagani sono veri spiriti del male e non immagini imperfette di una verità intravista, sia pure confusamente. Tale motivo viene spesso ripreso negli atti dei martiri.
[8] Esempio di scrupolo professionale non raro tra i funzionari dell’impero, che solo una tradizione edificante, ma superficiale, immagina tutti accaniti nel tormentare i cristiani.
23 novembre10 luglio SANTA FELICITA E FIGLI martiri
Felicita e i suoi presunti 7 figli, santi, martiri di Roma, sue reliquie unitamente a quelle del figlio Silano, traslate da S. Leone III, sono nell’altare della cripta rinascimentale di S. Susanna. Felicita e Silano furono sepolti nel cimitero di Massimo (via Simeto, 2). S. Bonifacio I (418-422) dedicò in questo cimitero una basilica sopraterra a Felicita ed un’altra sottostante a Silano. Il corpo di Silano venne sottratto dai Novaziani, probabilmente al tempo di Innocenzo I (410-417). Ritrovato, fu ricomposto nella primitiva sepoltura. Gli altri "figli" di Felicita furono sepolti in località differenti. Gennaro venne inumato nel Cimitero di Pretestato, in una cripta quadrata scoperta dal De Rossi verso la metà del secolo scorso; Felice e Filippo furono sepolti nel cimitero di Priscilla, sotto l’altare principale della basilica di S. Silvestro; Alessandro, Vitale e Marziale nel cimitero dei Giordani, dove papa Simmaco migliorò il posto in loro onore. I resti di Gennaro, Felice, Filippo e Silano sono anche a S. Marcello al Corso, sotto l’altare di S. Paolo. L’Inventario (1870) vuole le reliquie di Felice e Vitale a S. Nicola dei Lorenesi. Il Piazza (1703) indica metà del corpo di Felicita a S. Marcello e metà a S. Susanna; le reliquie di tutti loro sono anche a S. Cecilia e a Ss. Pietro e Marcellino.
M.R.: 23 novembre - A Roma santa Felicita Martire, madre di sette figli Martiri, la quale, dopo di loro, per ordine dell'Imperatore Marco Antonino, fu per Cristo decapitata.
10 luglio - A Roma la passione dei santi sette fratelli Martiri, figli di santa Felicita Martire, cioè Gennaro, Felice, Filippo, Silano, Alessandro, Vitale e Marziale, al tempo dell'Imperatore Antonino, mentre era Prefetto della città Publio. Tra essi Gennaro, dopo essere stato percosso con verghe e straziato nel carcere, fu ucciso con flagelli piombati; Felice e Filippo furono ammazzati con bastoni; Silvano fu gettato in un precipizio; Alessandro, Vitale e Marziale furono puniti con sentenza capitale.
[ Tratto dall'opera «Reliquie Insigni e "Corpi Santi" a Roma» di Giovanni Sicari ]
mercoledì 2 luglio 2008
Rocca San Felice... gioiello irpino da visitare
Rocca San Felice, uno degli ultimi esempi di paesino medioevale abbastanza conservato, strutturato a rampe che scendono da resti del castello alla piazza, ove maestoso si erge un tiglio secolare, piantato nel periodo della rivoluzione francese a simbolo della conquistata libertà.
La monumentale fontana, da poco restaurata, risale al 1749, e porta sulle due fonti laterali lapidi con scritte in latino lodanti la bontà dell'acqua; basta scendere qualche scalino per ammirare il vecchio lavatoio con le pietre consumate dalle donne del paese per il continuo strofinare dei panni.
Risalendo si pongono di fronte gli archi del palazzo De Antonellis, oggi Villani, con un suggestivo cortile, il cui portale d'ingresso, si dice, fosse quello del castello.
Imboccando Via Ospedale, dopo una decina di metri, si arriva nel cuore del borgo medioevale.
È la parte più vecchia del paese, costituita da un insieme di case, originariamente vecchie ed anguste abitazioni, che dopo il sisma del novembre 1980, espropriate dal Comune, sono state recuperate nel pieno rispetto della loro originaria struttura.
Vecchi portali, bellissimi davanzali ed originalissime bifore che fanno da ornamento alle costruzioni in pietra, si possono ammirare nel percorrere la strada che si snoda attraverso il borgo, segnata da anfratti, "scalinatelle" e vicoletti in cui vi sono dei forni a legna di cecchissima data, ancora funzionanti.
E proprio in uno dei vicoletti è posto l'ingresso del museo civico in cui sono stati raccolti i reperti ritrovati durante i lavori di restauro del castello.
Continuando la passeggiata si imbocca la stradina che, utilizzando l'originario percorso, porta fino in cima al castello.
La salita è resa piacevole dalla vista del paese che, come un bambino "in sonne", mostra tutta la sua esile figura, di contro, volgendo lo squardo a sinistra, imperioso ed austero si erge il castello.
Senza neppure il tempo di una pausa, si arriva sul pianoro che porta nello spiazzo antistante la torre, recintato, tutt'intorno, da mura che permettono al visitatore di ammirare una campagna variopinta e mutevole come i colori delle stagioni, ed in cui si aprono caratteristiche monofore.
Entrando nel castello si ammira, ancora oggi, uno spaccato della vita che si svolgeva nel suo interno: trattasi di una struttura con funzioni militari e residenziali, dotata di tutti i "comforts", dalla cisterna al forno-camino utilizzabile anche per il riscaldamento, ai vani a muro fino ad arrivare al servizio igienico. Rifacendo a ritroso il percorso precedente si arriva di nuovo in paese e lungo la discesa val la pena di ammirare il cortile del palazzo De Vito, immediatamente dopo, la chiesa di S.Maria maggiore, semidistrutta dal sisma del 23.11.1980 ma interamente ristrutturata.
Poggiata su massi rocciosi, nel cui interno sono posti un altare in scagliola del 1724 attribuito a Filippo Rossi ed alcune statue lignee del 600 e 700 di scuola napoletana; ancora qualche metro ed appare il bellisimo androne del palazzo Laudisi, già dimora dell'archeologo Don Vincenzo maria Santoli, per arrivare di nuovo nell'accogliente piazzetta.
Per il visitatore più attento restano da vedere i vari portali in pietra di cui abbonda il paese, e , per i più distratti si raccomanda... di non dimenticare la macchina fotografica