domenica 10 agosto 2008

Rocca San Felice, Le feste medievali 2008


LA PRO LOCO DI ROCCA SAN FELICE DIFFONDE IL PROGRAMMA DELLE FESTE MEDIEVALI

Le feste medioevali a Rocca San Felice.

Nel borgo irpino quatto giorni con i protagonistidel '200 dal 21 al 24 agosto 2008.
Nel penultimo fine settimana di agosto, Rocca chiude le sue porte al presente e con un tuffo nel passato il suo borgo medioevale rivive con guitti e giocolieri, dame e cavalieri, osti e mercanti, maghi e fattucchiere: sono le Feste Medioevali.

Ogni casa si addobba con drappi e stendardi, ogni cristiano si veste con tuniche e stole, ogni dama si orna con velluto e gioielli per far rivivere al visitatore la suggestione di un tempo che fu.
E quando tra gli stretti vicoli del borgo, tra le vecchie case in pietra si incontrano l'oste che mesce il vino dalla botte, la vecchia megera che legge la mano ad una speranzosa damigella, i soldati che trascinano il prigioniero messo alla gogna, il mendicante che si prostra per un misero tozzo di pane, il signore che spavaldo porta a spasso la sua alterigia, l'incantesimo è riuscito ed ognuno potrà dire di essere andato a spasso nel tempo.
Programma
21 agosto 2008
ore 18:00Convegni di Apertura della Manifestazione
ore 19:30 RIEVOCAZIONE STORICA della prigionia di MARGHERITA di SVEVIA nel castello di Rocca San Felice - Corteo in costume d'epoca
ore 22:00 - Il richiamo di Margherita di Svevia - Apparizione del "fantasma" di MARGHERITA ed inoltre... spadaccini, giullari, giocolieri
22 agosto 2008
ore 21:30 -BANCHETTO MEDIOEVALE
(zuppe di legumi, cacciagione, brasato di maiale, dolce,vino a volontà - prenotazioni al n° 0827 45031)
Gruppo Compagnia Trobadorica e Musica Antica - Giullari in festa Musici Medioevali del Gruppo Cantorum dei Musici Trobadore Gratulantes Spettacoli itineranti Falconieri di "De Thempore Exeundi"Sbandieratori della Citta di Melfi - Tamburini e Piramide umanaDanzatrice del ventre e Ballo delle Tre anforeore 22:00Il richiamo di Margherita di Svevia - Apparizione del "fantasma" di MARGHERITA
23 agosto 2008
ore 18,00- apertura Mercatino Medioevale e Botteghe del Borgo
ore 19:00 e 20:00 - spettacolo di Falconeria gruppo "De Thempore Exeundi"Esposizione volatilidalle ore 21:00 in poiEsposizione di giochi medioevali e giochi di ruolo Accampamento militare ed esibizione sul castelloArmigeri della Compagnia Tempora Medioevalis Accampamento sul Castello - rievocazione DUELLO MedioevaleI DRAGHI - Spettacolo di mangiafuoco e giocheriaGruppo Compagnia Trobadorica e Musica Antica e Giullari in FestaMusici Medioevali del Gruppo Cantorum dei Musici Trobadore GratulantesSpettacoli itinerantiSbandieratori della Citta di Melfi - Tamburini e Piramide umanaore 22,30Spettacolo teatrale del gruppo "I Bardilos"Rievocazione dell'Atto del Matrimonio Medioevaleed inoltre taverne, osterie ed altro . . .
24 agosto 2008
ore 18,00 -apertura Mercatino Medioevale e Botteghe del Borgo
ore 19:00 e 20:00spettacolo di Falconeria gruppo "De Thempore Exeundi"Esposizione volatili
dalle ore 21:00 in poi Esposizione di giochi medioevali e giochi di ruolo Accampamento militare ed esibizione sul castelloArmigeri della Compagnia Tempora Medioevalis rievocazione DUELLO MedioevaleAccampamento sul Castello I DRAGHI - Spettacolo di mangiafuoco e giocheriaGruppo Compagnia Trobadorica e Musica Antica e Giullari in FestaMusici Medioevali del Gruppo Cantorum dei Musici Trobadore GratulantesSpettacoli itinerantiSbandieratori della Citta di Melfi - Tamburini e Piramide umana
ed inoltre taverne, osterie ed altro . . .
http://www.comune.roccasanfelice.av.it/

Informazioni Turistiche:

venerdì 8 agosto 2008

Rocca San Felice, invito al borgo medievale

ROCCA SAN FELICE. Per chi è alla ricerca di memorie, sapori, gusti mediterranei, di riscoprire il fascino di un borgo medievale, ormai alla ribalta nazionale, non può non far tappa a Rocca San Felice, piccola Assisi irpino, la magia e il fascino del medioevo è un felice connubio, grazie alla cordiale ospitalità dei rocchesi. La Pro-Loco DE MEPHITI e l’Amministrazione Comunale sono sempre attente nell’impegno di offrire ai visitatori e ai graditi ospiti il meglio delle loro possibilità. Nel penultimo fine settimana di agosto, Rocca chiude le sue porte al presente e con un tuffo nel passato il suo borgo medioevale rivive con guitti e giocolieri, dame e cavalieri, osti e mercanti, maghi e fattucchiere: sono le Feste Medioevali. Ogni casa si addobba con drappi e stendardi, ogni cristiano si veste con tuniche e stole, ogni dama si orna con velluto e gioielli per far rivivere al visitatore la suggestione di un tempo che fu. E quando tra gli stretti vicoli del borgo, tra le vecchie case in pietra si incontrano l'oste che mesce il vino dalla botte, la vecchia megera che legge la mano ad una speranzosa damigella, i soldati che trascinano il prigioniero messo alla gogna, il mendicante La descrizione continua...
che si prostra per un misero tozzo di pane, il signore che spavaldo porta a spasso la sua alterigia, l'incantesimo è riuscito ed ognuno potrà dire di essere andato a spasso nel tempo. Per l’occasione l’intero borgo dal Castello, alla Piazza S. Felice diventa una magnifico scenario dove l’arte, la gastronomia tipica, il buon vino, la musica, e il teatro ne fanno da padroni. Il carnet dell’Undicesima edizione delle Feste Medievali è ricco di appuntamenti: 23 agosto 2007 Palazzo LAUDISI -SANTOLI apertura bottega del dipingitore riproduzioni di icone con tecnica medioevale a cura di Floriana Lisena esposizione del volume “Il Bestiario medioevale” ORE 23,00 e fino allo spuntar del sole LA NOTTE del SABBA processo alla strega a cura del maestro Salvatore Mazza a seguire La Compagnia ATMO presenta “LE STAGIONI DELL’AMORE” ed inoltre ….fattucchiere, imbonitori, alchimisti, monaci, cartomanti, spadaccini, giullari, giocolieri e tanti misteri 24 agosto 2007 ore 21,30 BANCHETTO MEDIOEVALE (zuppe di legumi, cacciagione, brasato di maiale, dolce, vino a volontà – prenotazioni al n° 0827 45031) Cantores Ipocritas euphorionis - musici – I Falconieri Virgola – giullare di corte – La baracca dei Buffoni – saltimbanchi e giullari – Alchymia – Comp. della Spada - duelli e disfide – La comp. della danza di Salerno 25 agosto ore 18,00 apertura mercatino medioevale spettacoli La baracca dei Buffoni – saltimbanchi e giullari – Cantores Ipocritas euphorionis - musici – I Falconieri Botteghe della Fantasie – giullare – Comp. della Spada accampamento militare ed esibizione sul castello Il Giullar cortese Ore 21,00 Cortile palazzo Rossi/Di Vito Liriche medioevali Letture di passi della Divina commedia a cura del maestro S. Mazza accompagnate da arpa e flauto ed inoltre taverne, osterie e giochi medioevali 26 agosto ore 10,00 apertura mercatino medioevale spettacoli ore18,00 I Falconieri – esibizione del volo del falco – ore 21,00 La baracca dei Buffoni – saltimbanchi e giullari – Cantores Ipocritas euphorionis - musici – Botteghe della Fantasie – giullare – Comp. della Spada accampamento militare ed esibizione sul castello Cortile palazzo Rossi/Di Vito Liriche medioevali letture di passi della Divina commedia a cura del maestro Salvatore Mazza accompagnate da arpa e flauto ed inoltre taverne, osterie e giochi medioevali In tutte e quattro le serate verrà allestita una mostra figurativa ad oggetto “Immaginario medioevale ANIMALI, POPOLI E DIAVOLI” con riproduzioni a cura di Floriana Lisena. Organizzazione ed informazioni: Pro Loco DE MEPHITI tel. 0827 45022 – 082745060 - 082745031 Se la curiosità di “toccare con mano” la vita di questo luogo ha fatto nascere in voi gentili lettori l’intenzione di visitarlo, non mancate di recarvi a Rocca ad apprezzare i rarissimi reperti del castello nel museo civico “Don Nicola Gambino”, immergervi nei vicoli e viuzze del borgo, … Se volete che il sogno continui, non avrete che calarvi nella tradizione delle feste medievali: nella calde serate agostane, le stradine, la piazza col mitico tiglio si illumina di colori come un magico caleidoscopio e le pietre tornano a vibrare al suono di ballate dal sapore antico. Se avete, per finire un desiderio “incoffessabile”, dulcis in fundo potrete bearvi con una sosta gastronomica, in cui assaggerete il prezioso e quanto raro pecorino di Carmasciano, magari servito con miele di castagno: il vino locale completerà la vostra gioia e… mi ringrazierete. Chissà se un giorno un testimonial di fama si innamori di Rocca San Felice e diventi ambasciatore nel mondo, noi ce lo auguriamo. Dimenticato, complimenti alla Pro-loco e al Comune di Rocca San Felice. Giovanni Orsogna Il Falcone La caccia alle streghe… ricordando Margherita di Svevia FOTO. Edizione 2006, Feste medievali Rocca San Felice, Piazza S. Felice i banchi medievali.

Il mito dell'ambra e la Valle di Ansanto

Antologia letteraria...IL MITO DELL'AMBRA. LA VALLE DI ANSANTO
Il mito dell'ambra.
La stipe votiva del santuario di Mefite nella Valle d’Ansanto (in provincia di Avellino) restituì anni fa un importante oggetto votivo, testimonianza della sua frequentazione fin da tempi remoti: una collana di ambra; oggi conservata nel Museo Irpino. La collana è fatta a grossi pendagli in forma di testa femminile, vista di prospetto con tutulus. Ragioni stilistiche indussero a datare le ambre del gruppo di Roscigno, con cui questa della Valle di Ansanto trova il più diretto confronto, alla fine del VI secolo a. C. Nuovi rinvenimenti a Melfi, Pisciolo (II metà V secolo a. C.), a Telese (fine del V sec. a. C.) e a Paestum (Andriuolo fine V-IV), inseriscono questi prodotti in una nuova più ampia problematica storica.
Gli antichi attribuivano poteri straordinari all’ambra, che la mitologia greco-romana collegava alla tragica fine di Fetonte, il giovane figlio del Sole fulminato da Zeus quando alla guida del carro paterno stava per dare fuoco al mondo intero. Le sorelle di Fetonte, che ne piansero la morte , vennero tramutate in alberi, da cui trasudavano non lacrime ma l’ ambra.
Gli antichi conoscevano bene la provenienza di questa resina fossile. Plinio il Vecchio ci dice che

l’ambra proveniva dalla Germania e di lì attraverso la Pannonia essa giungeva ai Veneti nell’alto Adriatico. E Tacito nella sua opera Germania riferisce come nell’estremo Nord dell’ Europa si trovi una popolazione, gli Estii, che raccoglie, nelle secche e sul litorale “dell’Oceano settentrionale”, l'ambra, che chiamano gleso. Essi, però, non si son posti il problema né della natura di questa sostanza né quale causa la produca; la raccolgono grezza, e la cedono per poco o niente. Per lo storico romano l’ambra è una secrezione di alberi, perché spesso si scorgono in trasparenza animaletti terrestri e anche volatili che, invischiati in quel liquido, vi restano racchiusi al solidificarsi di esso.
Di recente la prof. Francesca Fiorile ha scritto un interessante volume dal titolo PRESENZA E SCOMPARSA DELL’AMBRA IN LUCANIA TRA ANTICHITÀ E MEDIOEVO, che il Consiglio Regionale della Basilicata ha pubblicato nel 2004, come lodevolmente sta facendo da alcuni anni con opere che interessano la regione. Il volume della Fiorile apre nuove prospettive anche per capire da dove potrebbe provenire la collana di ambra ritrovata nella Valle di Ansanto.
“Nei paesi nordici –scrive la studiosa- l’ambra veniva usata fin dal Neolitico; sulla base dei ritrovamenti si possono ricostruire le tre vie fondamentali sulle quali si muoveva l’ambra: una occidentale, che collegava il Mare del Nord alle foci del Rodano; una centrale che scendeva dalle foci della Vistola all’alto Adriatico e una terza, orientale, dalle coste meridionali del Baltico raggiungeva il Mar Nero.Sulla base dei rinvenimenti a sud delle Alpi, il corso dell’Adige sembra costituire la vera porta d’ingresso dell’ambra nordica nella pianura padana fino al XIII secolo a. C.”.

Nella penisola italiana il commercio dell’ambra fu fiorente nel nord dell’Adriatico. “Durante la prima metà del primo millennio a. C. le importazioni di ambra grezza dall’Europa settentrionale sono ingenti, tanto che nessuno dei popoli italici rimase estraneo a questo fenomeno e alle sue evidenti implicazioni economiche e culturali: i monili più ricercati erano destinati a personaggi femminili di alto rango, i caratteri terapeutici e apotropaici attribuiti all’ambra ne promuovono l’uso anche presso i ceti inferiori e non sono rari i casi di grani di questa sostanza rinvenuti in tombe maschili e persino di guerrieri”.
Una delle aree più ricche di manufatti in ambra e centro nevralgico dei commerci è l’area Picena, posta nel Medio - Adriatico. L’abbondanza dei reperti in ambra qui rinvenuti giustifica, per molti studiosi, la tesi che i Piceni detenessero nell’antichità il monopolio di questo commercio in Adriatico.
“L’area basso adriatica - sostiene la Fiorile- comprendente il territorio dei Dauni e dei Peuceti, ha restituito il maggior numero di ambre figurate e quelle di più elevato pregio artistico: Canosa si pone come il più probabile centro di produzione, ma è possibile che botteghe di alto artigianato fossero presenti anche negli altri siti. Tra la fine del VI secolo a. C. i rinvenimenti di manufatti in ambra si addensano particolarmente in Daunia e nell’area di Melfi.
“Il convergere di eccezionali testimonianze in questi territori ha alimentato l’ipotesi che localizza a Canosa, alla fine del VI e nel corso del V secolo a. C., botteghe di alto livello specializzate nella lavorazione delle ambre. “In questo centro - fa rilevare la studiosa- si sarebbero stabiliti artigiani provenienti dall’area campana, che avevano dato vitalità ad una produzione di ambre, influenzata dal mondo etrusco ma aperta anche alla suggestione dei modelli ellenici.
Al V secolo risalgono le tombe più ricche, che hanno restituito i pendagli d’ambra di fattura pregiata: da Melfi- Pisciolo provengono, oltre a protomi umane e di ariete, una grande figura di guerriero alato e due figure femminili alate, forse rappresentazioni di sfingi, di produzione locale; allo stesso periodo vanno attribuiti i rinvenimenti di Banzi e di Ripacandida. L’uso di monili in ambra figurata continua anche nella seconda metà del IV secolo”.

La vicinanza all’area Melfese e alla Daunia potrebbe far pensare anche per l’ambra figurata ritrovata nella Valle di Ansanto ad una provenienza dauna, a dimostrazione di un legame culturale del territorio irpino con le regioni adriatiche del Mezzogiorno.
Fonte: Europamente

sabato 26 luglio 2008

Rocca San Felice... In attesa delle feste medievali

In attesa delle feste medievali di Rocca San Felicie, che si terranno nel prossimo mese di agosto invito gli amici di Rocca a deliziarsi dei video prodotti su You Tube.
Complimenti agli autori

feste medievali
05:25 From: olivia166
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forum alle feste medioevali rocca san felice
03:40 From: gacipr
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Rocca San Felice - Piccola Grande Italia 21
09:33 From: FAMILYLIFETV
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capodanno del forum dei giovani rocca san felice
03:27 From: gacipr
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grotta va a rocca san felice
02:02 From: fvnda
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La "decapitazione " di Lello
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grotta va alle mefite e che tanfa
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Zio d'America Al Qaeda
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festa medievale
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FESTE MEDIOEVALI
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PATERNESI AL MEDIOEVO ALLA ROCCA
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Mefite di Rocca S. Felice
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Gatti Arrapati
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FUOCHI SAN FELICE
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grotta va a rocca san felice
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Funny video san felice skate
01:49 From: alber60

venerdì 18 luglio 2008

LAI MEFITE E IL MUSEO iRPINO


Xoanon ligneo di Mefite


Ercole astante, Museo Irpino



Collana d'ambra, Museo Irpino


Il culto della

dea Mefite

La valle dell’Ansanto,

che ha il suo centro

nel lago della Mefite,

conserva gli echi

di una terra sacra

per gli antichi.

I fenomeni legati al

vulcanismo - soffioni

e polle di fango

bollenti - impaurivano

le popolazioni locali

che venivano qui a

ingraziarsi la dea

Mefite per esorcizzare

il pericoloso lago

sulfureo, considerato

terra degli inferi.

Nella

valle, dove sorgeva un

santuario dedicato alla

dea, sono state

ritrovate piccole

sculture in legno

databili tra il VI e il V

secolo a.C., che

ritraevano le divinità.

I reperti sono ora

custoditi ad Avellino,

nel Museo Provinciale

Irpino.

martedì 15 luglio 2008

I rocchesi nel mondo un ponte di amicizia

ROCCHESI NEL MONDO

Rocca San Felice, il castello medievale...


ROCCHESI NEL MONDO

la LETTERA:


Oggetto: Chiamata alla data di Rocca San Felice: Sole, 15 feb. 1998 13:15: 26 EST da: FrankAble@aol.com sono un americano ed ho visitato la vostra zona aprile scorso. Il mio nome è Louis franco Petrosino e il figlio di Louis franco Petrosino. Il suo padre era Salvatore Pasquale Petrosino e la sua moglie era Mary Cappiella. Hanno vissuto a #13 via Constantinopoli in Rocca San Felice. Il suo padre era Luigi Michele Petrosino e la sua madre era Clementina Gannella e wrre si sono sposati il 4 marzo 1889. Salvatore Pasquale immigrated negli Stati Uniti ed ha cambiato il suo nome a Sullivan franco Petrosino. Quando ho visitato questa città fine, la gente era calda e molto aperta. Ho osservato in su le informazioni sulla mia famiglia e bruscamente sono stato arrestato. Più successivamente dovevo ricevere una lettera dal Signora Gentile, che ha spiegato che era sorella del mio padre ed ha quattro bambini. Ancora sta vivendo in Rocca San Felice ed ha desiderato rimanere in contatto. Faccio pure ma purtroppo il mio italiano è limitato al parlare ed alla lettura. È ci un senso che potete aiutarli con questa situazione. Ho provato a osservare attraverso il Internet per trovare altri mezzi ma a nessun successo. Il villaggio era breathtaking benchè la mia chiamata fosse Pasqua eccessiva e la neve venisse e risultasse essere molto fredda. Ho visitato il fortress e unfortuneately la chiesa era chiusa. Il Signor Felice, il capitano della polizia e della sua moglie, era abbastanza gentile comprarsi ed il mio altro collega americano un la tazza di espresso. Il vostro aiuto notevolmente sarebbe apprezzato ed immagini della mia famiglia come pure un albero di famiglia dettagliato sarebbe fantastico. La maggior parte delle vite della famiglia di Petrosino nel upstate New York in una zona hanno denominato i laghi finger. È una zona che ha cinque laghi a forma di come la vostra mano che è da dove il nome è derivato. Hanno migrato in una città denominata Clyde New York. Il mio zio grande Fred Petrosino ha vissuto per avere 101 anno ed il mio padre è morto all'età su 57 di 1968. I fratelli erano Albert, Louis, firma di franchigia e Michael. Grazie per il vostri aiuto e cooperazione. Progetto sulla visita della zona ancora durante l'anno prossimo per individuare i parenti e per essere benedetto ancora con il congeniality della vostra regione. Il mio indirizzo è telefono del sud de Newark NY 14513 S.U.A. del viale del L. Petrosino 149 franchi è 315 331 8877 che il email è FrankAble@aol.com o per lavoro che è fpetrosino@Parker.com francamente, franca Petrosino.

Beloved Mrs. Franca,I have read with commotion your email, hope of being able to you to please, while give the opportunity to you ofto have news on your country born them.Soon and salutes to the rocchesi of the America.Giovanni Orsogna

Cara Signora Franca,
ho letto con commozione la tua e-mail, spero di poterti accontentare, intanto ti do l'opportunità di
avere notizie sul tuo paese natale.
A presto e saluti ai rocchesi dell'America.
Giovanni Orsogna

mercoledì 9 luglio 2008

ROCCA SAN FELICE. Festa di S. Felicita e Figli

ROCCA SAN FELICE
FESTA DI S. FELICITA MARTIRE E SUOI FIGLI

Rocca San Felice, Santuario, Martirio di S. Felicita e Figli, pala lignea, sec. XV

Felicita, discende da una delle più antiche famiglie patrizie di Roma, probabilmente della GENS CLAUDIA, visse nella Roma imperiale durante la prima metà del II secolo. Erano trascorsi circa cento anni dalla nascita di Cristo e, grazie alla predicazione degli Apostoli Pietro e Paolo, il Cristianesimo era andato diffondendosi sempre di più, non solo fra i diseredati e gli umili ma anche tra le famiglie patrizie, proprio a causa dei saldi su cui si basava la nuova religione.

Certo erano momenti in cui l'appartenere alle teorie del Divino Maestro significava andare incontro a rinunce eroiche e persecuzioni tremende da parte dello Stato che credeva essere il Cristianesimo la causa dei mali e delle calamità dell'Impero Romano. Non conosciamo il nome dell'uomo a cui Felicita si era unito in matrimonio ma sappiamo con certezza che da lui ebbe la gioia di diventare madre per ben sette volte, prima di rimanere giovane vedova.
La sua attività casalinga di madre premurosa e i pesanti impegni domestici non le vietarono le sue attenzioni agli insegnamenti di quella nuova setta di origine orientale, chiamata Cristianesimo, alla quale si convertì con tutta la famiglia. In questo momento storico, a Roma, è in atto già da anni una penetrazione cristiana capillare nelle varie classi sociali: proletari, schiavi, banchieri, negozianti, piccoli borghesi, artisti e artigiani costituivano nel II secolo il tessuto della Chiesa nascente, come ricorda la "Tradizione Apostolica" di Ippolito nel menzionare i mestieri e le professioni di coloro che accendevano all'istruzione catecumenale per il sacramento battesimale.

Nel cuore dell’Irpinia, presso la Valle di Ansanto, un tempo sede di diffusione del culto di Mefite-Aravina (VII-II sec. a. C.), sorse nei primi secoli dell’era cristiana il culto alla Madre dei Sette Figli, Felicita, una nobile matrona romana. La felice intuizione della sostituzione di Mefite, antica madre osca, venerata dai popoli dell’Italia antica, con la madre eroica cristiana, non produsse sconvolgimenti nelle tradizioni locali, anzi fu il volano delle conversioni alla nuova fede del Gesu’ di Nazaret.
Propagine dell’antica diocesi di Aeclanum, dove nella città fu scoperta la celebre ara di Mefite con iscrizione osca, fu nota ai letterati e scrittori del tempo. Una piccola chiesa rurale fu costruita sul pianoro di S. Felicita, dove sorgeva un piccolo pagus con ville rustiche. La tradizione vuole che sia stato S. Felice da Nola a sostituire il culto pagano con quello cristiano.
Da oltre un millennio la devozione alla santa martire romana e figli ha unito i cristiani pellegrini, che hanno sostato ai piedi dell’altare. Ai cristiani del terzo millennio la testimonianza dei martiri, che hanno effuso il sangue per amore di Cristo crocifisso e risorto è sempre attuale ed è sprono per la rinascita e all’impegno della nuova evangelizzazione.
Nel caldo mese del solleone, dall’Irpinia, e Puglia, pellegrini si riversano a venerare Santa Felicita e ricordano il martirio dei Figli, con una festa liturgica e civile. Un tempo era famosa anche la fiera accorsata.
Un dignitoso santuario accoglie i pellegrini, in stile neoclassico, all’interno si possono venerare le statue lignee di Felicita, secc: XVI-XVIII, due stupendi quadri del martirio dei figli, un bell’antiquarium documenta le vicende storiche ed artistiche del pagus romano e gli ex- voto che testimoniano la fede popolare.
Ai pellegrini, quest’anno viene offerto anche la ristampa del libro di P. Zaccaria Santoli, edito dal santuario, una delle prime biografie che conservano la loro attualità. Il testo è stato desiderato e realizzato dal parroco P. Luigi Martella, con la collaborazione della trascrizione della Prof. Virginia Galante.
La festa si svolge sempre nei giorni 8-9 e 10 luglio, dove i turisti possono gustare i prodotti genuini e le tipicità culinarie locali, celebre il formaggio di Carmasciano e l’angello arrostito che in quest’area per il tiupo di cucina e l’aria di Mefite è di un gusto veramente speciale.
Invito gli Irpini e i forestieri a non mancare all’appuntamento dove fede, cultura e natura e la consueta ospitalità dei rocchesi assicurerà un soggiorno piacevole.
Da non dimenticare la visita alla Valle di Ansanto e alla Mefite, il bosco decantato da Virgilio e il borgo medievale.
Giovanni Orsogna

MARTIRIO DI SANTA FELICITA
E DEI SUOI SETTE CRISTIANISSIMI FIGLI

Disegno ottocentesco di G. Mariani dell’affresco perduto dell’oratorio cristiano del Colle Oppio, pubblicata anche dal nostro P. Santoli nel suo volumetto di storia di S. Felicita

La prima accusa alla cristiana Felicita, vedova e madre di sette figli (come Sinforosa di Tivoli), è mossa dalle autorità sacerdotali pagane. Può sembrare strano che l’abbia accolta un imperatore come Marco Aurelio, che aderiva alla filosofia stoica, non senza una venatura di scetticismo per tutte le fedi religiose, ma l’accusa dei pontefici toccava un tasto molto delicato: «Contro la vostra salute questa vedova con i suoi figli insulta i nostri dèi!»[1]. Sul culto dell’imperatore si scontravano Roma e il cristianesimo e, fin dai tempi di Plinio e Traiano, l’atto di adorazione al sovrano era la condizione indispensabile perché un cristiano venisse prosciolto da un’accusa. Inoltre l’impero di Marco Aurelio fu turbato da guerre, pestilenze e altre calamità che, per i sacerdoti e la folla pagana, erano causati dalla collera degli dèi: l’ostilità dei cristiani al culto tradizionale doveva quindi essere punita. Felicita e i figli erano di famiglia nobile, tanto che a uno dei giovani il prefetto Publio, il quale dirige il processo, promette di farlo diventare «amico degli Augusti»[2]. La condanna imperiale a morire sotto diversi giudici (e quindi con diversi supplizi) mirava forse a dare un esempio agli abitanti dei vari quartieri di Roma.
Alcuni studiosi hanno messo in dubbio l’autenticità degli atti, considerando il racconto un’imitazione di quello dei sette fratelli Maccabei (II libro dei Maccabei 1,1-41)[3], ma un documento scritto del IV secolo relativo alla loro sepoltura e alcuni ritrovamenti archeologici sembrano confermarne l’autenticità. In una omelia, pronunciata nella basilica di santa Felicita, San Gregorio il Dialogo, papa di Roma, fa riferimento ad un antico documento, le “Gesta emendatoria”, contenente la storia dei nostri martiri, e li ricorda in un suo commento all’Evangelo di Matteo (12, 47).
La Chiesa Ortodossa li onora il 25 gennaio. Nella Chiesa di Roma Antica, nel IV secolo, la loro festa veniva celebrata, con molta solennità e grande partecipazione dei fedeli, il 10 luglio[4], chiamato dalla gente “dies martyrum”.

Testo della Passio
I - Ai tempi dell’imperatore Antonino scoppiò una rivolta dei pontefici e fu arrestata e trattenuta in carcere la nobildonna Felicita con i suoi sette cristianissimi figli[5]. Permanendo nello stato di vedovanza, aveva consacrato a Dio la sua castità e, dedicandosi giorno e notte alla preghiera, offriva alle anime caste uno spettacolo altamente edificante. I pontefici allora, vedendo che, per opera sua, progrediva la divulgazione del nome cristiano, la calunniarono all’imperatore dicendo: «Contro la vostra salute questa vedova con i suoi figli insulta i nostri dèi! Se non venererà gli dèi, sappia la pietà vostra che i nostri dèi si adireranno talmente da non poter essere placati con nessun mezzo».
Allora l’imperatore Antonino ingiunse a Publio[6], prefetto della città, di costringerla, insieme con i suoi figli, a mitigare con i sacrifici le ire dei loro dèi. Pertanto Publio, prefetto della città, fece venire al suo cospetto la donna in udienza privata e, pur invitandola al sacrificio con blande parole, le minacciava la morte tra i supplizi. Felicita gli rispose: «Non potrò né cedere alle tue blandizie né piegarmi alle tue minacce. Ho infatti lo Spirito santo che non permette che io sia vinta dal demonio; pertanto sono sicura che ti vincerò da viva e, se sarò uccisa, meglio ancora ti vincerò da morta».
Replicò Publio: «Disgraziata, se per te è dolce morire, fa vivere almeno i tuoi figli!».
Rispose Felicita: «I miei figli vivranno, se non sacrificheranno agli idoli; se invece commetteranno un delitto così grande, andranno incontro alla morte eterna».

II - Il giorno dopo Publio sedette nel foro di Marte, mandò a chiamare Felicita con i figli e le disse: «Abbi pietà dei tuoi figli, giovani retti e nel fiore dell’età!».
Rispose Felicita: «La tua misericordia è empietà e la tua esortazione crudeltà» e, rivolta ai figli, disse loro: «Mirate al cielo, o figli, e levate in alto lo sguardo; là vi attende Cristo con i suoi santi. Combattete per le vostre anime e mostratevi fedeli nell’amore di Cristo!».
Udendo queste parole, Publio la fece schiaffeggiare, dicendo: «Hai osato, in presenza mia, dare codeste esortazioni, affinché disprezzino i comandi dei nostri sovrani?».

III - Quindi chiamò il primo dei figli di lei, di nome Gennaro, e, promettendogli abbondanza di beni terreni,, parimenti gli minacciava le frustate, se si fosse rifiutato di sacrificare agli idoli. Gennaro rispose: «Cerchi d’indurmi alla stoltezza, ma la sapienza di Dio mi protegge e mi farà superare tutte queste prove».
Subito il giudice lo fece percuotere con le verghe e rinchiudere in carcere. Quindi si fece condurre il secondo figlio, di nome Felice. Mentre Publio lo esortava a immolare agli idoli, il giovane dichiarò con fermezza: «Uno solo è il Dio che adoriamo, a cui offriamo il sacrificio della pia devozione. Guardati dal credere che io o qualcuno dei miei fratelli deviamo dalla strada dell’amore di Cristo. Ci si preparino pure le frustate, pendano sul nostro capo decisioni di sangue. La nostra fede non può essere né vinta né cambiata! ».
Mandato via anche questo, Publio si fece condurre il terzo figlio, di nome Filippo. Quando gli disse: «L’imperatore (Marco Aurelio) Antonino, signore nostro, vi ha comandato d’immolare agli dèi onnipotenti», Filippo rispose: «Codesti non sono né dèi né onnipotenti, ma simulacri vani, miseri e insensibili e quelli che vorranno sacrificare loro correranno eterno pericolo».
Fatto allontanare Filippo, Publio si fece condurre il quarto figlio, di nome Silvano, a cui disse così: «Come vedo, d’accordo con la vostra pessima madre, avete preso la decisione d’incorrere tutti nella condanna, disprezzando gli ordini dei sovrani».
Rispose Silvano: «Se temeremo la morte temporale, incorreremo nel supplizio eterno. Ma poiché sappiamo bene quali premi siano riservati ai giusti e quale pena sia stabilita per i peccatori, tranquillamente disprezziamo la legge umana per rispettare i precetti del Signore. Chi sprezza gli idoli, infatti, e obbedisce al Dio onnipotente, troverà la vita eterna, ma chi adora i demoni andrà con essi alla perdizione e al fuoco eterno».
Fatto allontanare Silvano, si fece venire vicino Alessandro, al quale disse: «Se non sarai ribelle e farai ciò che più desidera il nostro sovrano, si avrà riguardo per la tua età e per la tua esistenza che non è ancora uscita dall’infanzia. Quindi, sacrifica agli dèi, per poter diventare amico degli Augusti e conservare la vita e il loro favore».
Rispose Alessandro: «Io sono servo di Cristo. Lo confesso con le labbra, lo conservo nel cuore, lo adoro incessantemente. L’età tenera che tu vedi in me ha la saggezza degli anziani, quando venera il Dio unico. Invece i tuoi dèi con i loro adoratori saranno condannati alla morte eterna».
Fatto allontanare Alessandro, fece venire a sé il sesto, Vitale, a cui disse: «Forse, almeno tu desideri vivere e non andare incontro alla morte». Rispose Vitale: «Chi desidera vivere meglio? Chi adora il vero Dio o chi desidera avere propizio il demonio?».
Disse Publio: «E chi è il demonio?». Rispose Vitale: «Tutti gli dèi dei gentili sono demoni e tutti coloro che li adorano»[7].
Fatto andar via anche questo, fece entrare il settimo, Marziale, e gli disse: «Crudeli contro voi stessi per vostra volontà, disprezzate le leggi degli Augusti e vi ostinate a rimanere nel vostro danno».
Rispose Marziale: «O se sapessi quali pene sono destinate ai cultori degli dèi! Ma Iddio attende ancora a mostrare la sua collera contro di voi e contro i vostri idoli. Infatti, tutti coloro che non riconoscono Cristo come vero Dio saranno mandati al fuoco eterno».
Allora Publio fece allontanare anche il settimo dei fratelli e spedì all’imperatore una relazione scritta del processo[8].

IV - L’imperatore li inviò a giudici diversi, per farli morire sotto diversi supplizi. Uno dei giudici fece morire il primo dei fratelli con fruste di piombo. Un altro uccise a furia di bastonate il secondo e il terzo, un altro ancora scaraventò il quarto da un precipizio. Un altro dei giudici fece eseguire la pena capitale contro il quinto, il sesto e il settimo, un altro infine fece decapitare la loro madre. Così, morti per diversi supplizi, furono tutti vincitori e martiri di Cristo e, trionfando con la madre, volarono in cielo a ricevere i premi che avevano meritato. Essi che, per amore di Dio, avevano disprezzato le minacce degli uomini, le pene e i tormenti, divennero nel regno dei cieli amici di Cristo, che, con il Padre e lo Spirito santo, vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.



[1] Martirio di santa Felicita, c. I.
[2] Martirio di santa Felicita, c. III.
[3] Oltre al contegno eroico dei giovani e della loro madre, un importante elemento di affinità tra il presente racconto e quello biblico è il frequente accenno alla vita che attende l’anima dopo la morte. La fiducia nell’immortalità è un dato acquisito dalla fede cristiana, ma nella storia del popolo ebraico non lo era stato fin dalle origini ed aveva cominciato ad assumere consistenza proprio all’epoca dei Maccabei.
[4] Così la Depositio Martyrum. Il martirologio geronimiano ricorda Felicita il 23 novembre e i figli in date diverse.
[5] Un affresco (V-VI sec) scoperto dal De Rossi al Colle Oppio alla fine del 1800, presso un antico oratorio ritenuto la casa o il carcere dei martiri, riproduceva la santa (Felicitas Cultrix Romanarum) circondata dai figli, mentre il Salvatore le regge la corona sul capo dall’alto; non si sa però se esso derivi dagli atti del martirio o da un documento posteriore.
[6] Publio Salvio Giuliano, successo a Urbico nel 162, giureconsulto che resse la prefettura di Roma a cavallo tra l’impero di Antonino Pio (138-161) nel 161 e quello di M. Aurelio e L. Vero nel 161-162.
[7] Per i cristiani antichi gli dèi pagani sono veri spiriti del male e non immagini imperfette di una verità intravista, sia pure confusamente. Tale motivo viene spesso ripreso negli atti dei martiri.
[8] Esempio di scrupolo professionale non raro tra i funzionari dell’impero, che solo una tradizione edificante, ma superficiale, immagina tutti accaniti nel tormentare i cristiani.
23 novembre10 luglio SANTA FELICITA E FIGLI martiri
Felicita e i suoi presunti 7 figli, santi, martiri di Roma, sue reliquie unitamente a quelle del figlio Silano, traslate da S. Leone III, sono nell’altare della cripta rinascimentale di S. Susanna. Felicita e Silano furono sepolti nel cimitero di Massimo (via Simeto, 2). S. Bonifacio I (418-422) dedicò in questo cimitero una basilica sopraterra a Felicita ed un’altra sottostante a Silano. Il corpo di Silano venne sottratto dai Novaziani, probabilmente al tempo di Innocenzo I (410-417). Ritrovato, fu ricomposto nella primitiva sepoltura. Gli altri "figli" di Felicita furono sepolti in località differenti. Gennaro venne inumato nel Cimitero di Pretestato, in una cripta quadrata scoperta dal De Rossi verso la metà del secolo scorso; Felice e Filippo furono sepolti nel cimitero di Priscilla, sotto l’altare principale della basilica di S. Silvestro; Alessandro, Vitale e Marziale nel cimitero dei Giordani, dove papa Simmaco migliorò il posto in loro onore. I resti di Gennaro, Felice, Filippo e Silano sono anche a S. Marcello al Corso, sotto l’altare di S. Paolo. L’Inventario (1870) vuole le reliquie di Felice e Vitale a S. Nicola dei Lorenesi. Il Piazza (1703) indica metà del corpo di Felicita a S. Marcello e metà a S. Susanna; le reliquie di tutti loro sono anche a S. Cecilia e a Ss. Pietro e Marcellino.
M.R.: 23 novembre - A Roma santa Felicita Martire, madre di sette figli Martiri, la quale, dopo di loro, per ordine dell'Imperatore Marco Antonino, fu per Cristo decapitata.
10 luglio - A Roma la passione dei santi sette fratelli Martiri, figli di santa Felicita Martire, cioè Gennaro, Felice, Filippo, Silano, Alessandro, Vitale e Marziale, al tempo dell'Imperatore Antonino, mentre era Prefetto della città Publio. Tra essi Gennaro, dopo essere stato percosso con verghe e straziato nel carcere, fu ucciso con flagelli piombati; Felice e Filippo furono ammazzati con bastoni; Silvano fu gettato in un precipizio; Alessandro, Vitale e Marziale furono puniti con sentenza capitale.
[ Tratto dall'opera «Reliquie Insigni e "Corpi Santi" a Roma» di Giovanni Sicari ]

mercoledì 2 luglio 2008

Rocca San Felice... gioiello irpino da visitare

Rocca San Felice

Rocca San Felice, uno degli ultimi esempi di paesino medioevale abbastanza conservato, strutturato a rampe che scendono da resti del castello alla piazza, ove maestoso si erge un tiglio secolare, piantato nel periodo della rivoluzione francese a simbolo della conquistata libertà.
La monumentale fontana, da poco restaurata, risale al 1749, e porta sulle due fonti laterali lapidi con scritte in latino lodanti la bontà dell'acqua; basta scendere qualche scalino per ammirare il vecchio lavatoio con le pietre consumate dalle donne del paese per il continuo strofinare dei panni.
Risalendo si pongono di fronte gli archi del palazzo De Antonellis, oggi Villani, con un suggestivo cortile, il cui portale d'ingresso, si dice, fosse quello del castello.
Imboccando Via Ospedale, dopo una decina di metri, si arriva nel cuore del borgo medioevale.
È la parte più vecchia del paese, costituita da un insieme di case, originariamente vecchie ed anguste abitazioni, che dopo il sisma del novembre 1980, espropriate dal Comune, sono state recuperate nel pieno rispetto della loro originaria struttura.
Vecchi portali, bellissimi davanzali ed originalissime bifore che fanno da ornamento alle costruzioni in pietra, si possono ammirare nel percorrere la strada che si snoda attraverso il borgo, segnata da anfratti, "scalinatelle" e vicoletti in cui vi sono dei forni a legna di cecchissima data, ancora funzionanti.
E proprio in uno dei vicoletti è posto l'ingresso del museo civico in cui sono stati raccolti i reperti ritrovati durante i lavori di restauro del castello.
Continuando la passeggiata si imbocca la stradina che, utilizzando l'originario percorso, porta fino in cima al castello.
La salita è resa piacevole dalla vista del paese che, come un bambino "in sonne", mostra tutta la sua esile figura, di contro, volgendo lo squardo a sinistra, imperioso ed austero si erge il castello.

Senza neppure il tempo di una pausa, si arriva sul pianoro che porta nello spiazzo antistante la torre, recintato, tutt'intorno, da mura che permettono al visitatore di ammirare una campagna variopinta e mutevole come i colori delle stagioni, ed in cui si aprono caratteristiche monofore.
Entrando nel castello si ammira, ancora oggi, uno spaccato della vita che si svolgeva nel suo interno: trattasi di una struttura con funzioni militari e residenziali, dotata di tutti i "comforts", dalla cisterna al forno-camino utilizzabile anche per il riscaldamento, ai vani a muro fino ad arrivare al servizio igienico. Rifacendo a ritroso il percorso precedente si arriva di nuovo in paese e lungo la discesa val la pena di ammirare il cortile del palazzo De Vito, immediatamente dopo, la chiesa di S.Maria maggiore, semidistrutta dal sisma del 23.11.1980 ma interamente ristrutturata.
Poggiata su massi rocciosi, nel cui interno sono posti un altare in scagliola del 1724 attribuito a Filippo Rossi ed alcune statue lignee del 600 e 700 di scuola napoletana; ancora qualche metro ed appare il bellisimo androne del palazzo Laudisi, già dimora dell'archeologo Don Vincenzo maria Santoli, per arrivare di nuovo nell'accogliente piazzetta.
Per il visitatore più attento restano da vedere i vari portali in pietra di cui abbonda il paese, e , per i più distratti si raccomanda... di non dimenticare la macchina fotografica